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Google ha rivoluzionato la ricerca on-line con Hummingbird, un aggiornamento che ha introdotto il Web semantico, migliorando la comprensione del significato delle query. Successivamente, Gemini ha portato l’IA generativa nella ricerca, affinando i risultati con modelli avanzati di Machine Learning. Questi sviluppi hanno reso la ricerca più intuitiva e precisa.

 

Il suo ecosistema digitale, integrato con Android, offre strumenti avanzati per produttività, comunicazione e creatività. Grazie alla sua connettività e flessibilità, Android permette un’esperienza fluida tra dispositivi, adattandosi alle esigenze moderne e migliorando l’accesso alle informazioni e la gestione dei dati.

  • Perché ho imparato Java, l’Informatica e a Programmare

    Programmare in Java, perchè l’ho fatto e perchè dovreste farlo anche voi

    Il viaggio di un eterno studente. Mirko Benedetti, informatico, copywriter e musicista, come e perché ho imparato a programmare in Java.

    Ci sono strade che si scelgono e altre che ti scelgono. Il mio cammino nel mondo della tecnologia è stato un susseguirsi di sentieri intrecciati, deviazioni improvvise e inaspettate illuminazioni. Non ho mai avuto il lusso della staticità: ogni giorno è stato una scoperta, un’apertura verso qualcosa di nuovo, un’ansia leggera—quella del viandante che non può fermarsi, che deve continuare a cercare.

    Programmazione in Java, Mirko Benedetti

    Imparare non è mai stato solo un dovere, ma un bisogno. Un’esigenza quasi fisica, una fame di comprensione. Chi lavora nel digitale sa che fermarsi equivale a retrocedere: i codici cambiano, gli strumenti si evolvono e le logiche mutano come onde mosse dal vento dell’innovazione.

    Quando ho scritto per la prima volta questo articolo, il suo titolo era “The App Economy”, un riflesso di un’epoca della mia vita in cui mi immergevo nei meccanismi di un mondo affascinante, fatto di stringhe di codice e applicazioni capaci di creare connessioni invisibili tra le persone. Oggi, le mie riflessioni si sono espanse, hanno assorbito nuove forme, e così anche il mio scritto ha trovato una nuova veste.

    Java: il linguaggio di un mondo in movimento

    Ho imparato Java perché volevo capire. Non solo il codice, ma il linguaggio stesso di un universo in continua trasformazione. La programmazione mi ha offerto una chiave per entrare nel cuore pulsante della tecnologia, per vedere oltre l’interfaccia e comprendere la struttura che regge l’intero palcoscenico digitale.

    Nel mio percorso da sviluppatore Android, ho scoperto che dietro ogni applicazione c’è un rigore silenzioso, un ordine che regge il caos dell’innovazione. Il Google Play Store, più di un semplice mercato di App, è un ecosistema in cui tecnologia ed economia danzano in perfetta sincronia. Un luogo in cui ogni applicazione rappresenta un frammento di conoscenza, un’idea, un’intuizione trasformata in codice.

    L’apprendimento come orizzonte

    Ma se il mio viaggio è stato intenso, non è stato privo di dubbi. Studiare, aggiornarsi, migliorarsi: tutto questo ha sempre avuto una doppia faccia. Da un lato, la gioia di scoprire, dall’altro la pressione silenziosa di chi vuole sentirsi all’altezza, di chi teme di restare indietro.

    Nei momenti di incertezza, ho trovato sostegno nei grandi maestri dell’apprendimento. Piaget, Vygotsky, e tutti coloro che hanno studiato il processo di crescita e formazione mi hanno insegnato che imparare non è solo accumulare nozioni, ma è interagire, applicare, trasformare. È assorbire la conoscenza e renderla viva, plasmarla come argilla per costruire il proprio futuro.

    I programmi europei di formazione continua sono diventati i fari che hanno illuminato il mio cammino. Iniziative che permettono di crescere senza dover abbandonare il proprio lavoro, senza dover rinunciare all’esperienza per il sapere. È una rete di possibilità che avvolge tutti coloro che, come me, sentono che il progresso non è solo una meta, ma un movimento perpetuo.

    Il valore della specializzazione

    In questa danza tra apprendimento e professione, ho anche capito un’altra grande verità. Non si può sapere tutto. Adam Smith, con la sua teoria sulla divisione del lavoro, lo aveva già intuito secoli fa: la specializzazione è la chiave di un’economia efficiente, ma è anche la chiave di un equilibrio personale.

    Ci ho messo tempo per accettare che non fosse necessario diventare un programmatore a tempo pieno. Mi sono immerso nel mondo di Java, ho esplorato l’universo delle applicazioni, ho testato, fallito, riscritto. E alla fine ho capito che, se da una parte conoscere è essenziale per dirigere la propria impresa, dall’altra è altrettanto fondamentale lasciare che gli esperti facciano il loro mestiere.

    Io ho scelto di dedicarmi al Content Marketing, di affinare la mia capacità di raccontare, di creare contenuti che abbiano un’anima e una direzione. Il codice resterà una parte della mia storia, un frammento di quel viaggio, ma non sarà mai il mio destino principale.

    Certo, la strada per arrivare a questa consapevolezza è stata lunga. E forse è proprio questo il senso del lavoro: una continua scoperta di sé, un gioco di equilibri tra ambizione e accettazione. Perché in fondo, imparare Java—come imparare qualsiasi altra cosa—è stato solo un altro modo per esplorare e imparare a conoscere me stesso.

    Collegamenti per approfondire

    Ecco tre corsi su YouTube, questa volta, in inglese:

    Questi corsi offrono una panoramica chiara e coinvolgente su ciascun argomento.

    Ecco invece qualche mio articolo sulla programmazione, in italiano:

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  • Intelligenza Artificiale, una mia semplice Introduzione

    In questo articolo approfondirò meglio alcuni dei punti che sono solitamente sbandierati a proposito dell’intelligenza artificiale. Sono Mirko Benedetti, un esperto informatico nonché copywriter, e assieme vedremo alcuni di questi aspetti molto interessanti.

    L’intelligenza artificiale è detta AI in lingua inglese e IA in quella italiana

    Sono state dette molte cose sull’intelligenza artificiale che dimostrano quanto bisogno ci sia di novità. Ma soprattutto, di tanto in tanto si ha bisogno di un nuovo prodotto o servizio per smuovere il mercato.

    Mirko Benedetti, Intelligenza Artificiale Introduzione

    L’innovazione tecnologica è in grado di servire bene il genere umano, fornendogli occasione per vivere una vita più appagante e sicura.

    Di intelligenza artificiale se ne parla quanto meno dagli anni ’70 del novecento, ma è ora che sta avendo la sua reale implementazione e concretezza.

    Ciò che si sente nei media, Internet compreso, rasenta spesso la banalità e la superficialità. In effetti non è facile trattare un tema così complesso con parole semplici. Cercherò io di farlo.

    Premetto che questo articolo è scritto da me, ovvero un essere umano, con una buona dose di preparazione tecnica, ma ancora tanto da esplorare. Facciamolo insieme.

    Avrei potuto ricorrere anch’io all’IA per farmi scrivere qualcosa di plausibile e forse far trasparire addirittura la mia vera opinione, essendo molto bravo ad usarla e soprattutto disponendo degli strumenti adatti.

    Quali sono i limiti dell’IA, dove si può arrivare con essa

    Se da una parte c’è chi ha interesse a smerciare, se mi consentite questo termine un po’ cinico, dall’altra c’è chi vuole capire meglio.

    Per fare questo vi consiglio un ottimo sito del bravissimo Raffaele Gaito, se proprio vi interessano le cose tecniche in maniera approfondita. Non è una risorsa gratuita, ma un vero e proprio corso tenuto da Raffaele: raffaelegaito.com/ia360/.

    Tutti i più grossi Guru dell’informatica parlano dell’IA in maniera che a me pare adeguata. Prendi ad esempio anche Salvatore Aranzulla o Camisani Calzolari.

    La cosa che vi consiglio di fare, prima di studiarvi tutta la teoria, è semplicemente sporcarsi le mani e provare qualcosa sul motore di ricerca Bing: bing.com/chat.

    Come utilizzo l’intelligenza artificiale

    Per quello che mi riguarda rimango fedele allo spirito che ha animato Tim-Berners Lee, il creatore del Web. Cerchiamo di non confondere il Web con Internet di per sé, il Web come ipertesto serve soprattutto a guadagnare conoscenza.

    L’intelligenza artificiale è in grado di prendere decisioni esperte basandosi su un allenamento di tipo statistico e inferenziale.

    L’AI migliora la qualità e semplifica la vita di molti che si occupano di lavorazioni industriali, diagnosi mediche ed altro. Questi sono solo alcuni degli scopi non altro che nobili dell’IA.

    Poi esistono degli usi discutibili che se ne fa di essa, ovvero che riempia i compiti scritti degli studenti piuttosto che rediga l’articolo del giornalista.

    In ultimo ci sono degli usi assolutamente contrari alla morale di qualsiasi essere umano, qualunque sia la sua religione o credo politico. Sono usi che vanno dal confezionare video di personaggi che incontrano la nostra rivalità, umiliarli e schernirli facendogli dire e fare ciò che si vuole, a peggiori scopi ancora.

    Difficile è capire l’inganno, soprattutto se si è un po’ distratti e il video è fatto molto bene.

    In questo articolo non vedrete alcuno snippet di codice

    Questo perché pur essendo un programmatore ben ferrato, non ho voluto mettere le mani su del codice, appunto per fare in modo che il fenomeno si evolva e io intervenga quando ormai le API saranno più semplici e più produttive.

    Detto questo vi svelo ciò che ho in serbo per voi come riflessione. Mi ricordo che quando dovetti spiegare a gente nata negli anni ’60, quasi boomer, il motore di ricerca, almeno un paio di persone non esperte mi chiesero se si potesse porre delle domande direttamente a Google.

    La risposta fu no, almeno per una decina d’anni, cioè da fine anni ’90 al tardo inizio del 2000, quando usciva l’algoritmo Humming Bird di Google.

    Un motore di ricerca è come un setaccio in cui vengono fatti dei fori, che sarebbero le keyword inserite nel campo di ricerca. In base a questi fori, viene filtrata una serie di pagine che contengono le parole chiave.

    Ma cosa significa quello che gli chiedono gli utenti?

    Di per sé il motore di ricerca aveva ben poca intelligenza, il passo successivo è stato applicare algoritmi in grado di estrarre il significato di ciò che gli viene chiesto.

    Nasce così il Web semantico dove il motore di ricerca estrae il significato sia di ciò che è presente nel suo database sia della domanda che gli poniamo. Dunque fornisce una risposta molto più precisa, ovvero molto più pertinente, rispetto alla domanda effettuata dall’utente.

    Dal punto di vista dell’utente, bisognerebbe ormai dare per scontato poter fare una domanda al motore di ricerca e ottenere una risposta.

    L’intelligenza artificiale dunque può essere usata anche per automazione, diagnosi medica, generazione di contenuti scritti, audio e video.

    Tutto fantastico, ma la mia opinione è che il vero passo avanti per l’umanità sia il poter avere informazioni corrette in breve tempo, dopodiché usare il proprio cervello per fare tutto il resto.

    Ovvero la vera intelligenza artificiale utile, è quella in grado di ottenere un significato da ciò che dice un essere umano e generare una risposta con significato pertinente e corretto, quindi soddisfacente.

    Ecco l’evoluzione del Web e dei motori di ricerca

    L’intelligenza artificiale dunque, che finalmente accontenta anche i boomer o chi non è tanto avvezzo all’informatica, ora si pone nel segmento di marketing dei motori di ricerca.

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